Un’altra guerra è scoppiata: alle 6.30 di sabato 7 ottobre, il gruppo terrorista islamico palestinese Hamas ha attaccato di sorpresa Israele dalla Striscia di Gaza, attraverso il lancio di razzi (fino a 5 mila), l’arrivo a terra di decine di miliziani arrivati in deltaplano, e centinaia di esplosioni ai varchi di passaggio dei confini. Il bilancio dei morti israeliani è arrivato 900 e continua a salire. Sono 2.500 i feriti, moltissimi gravi. Sono 850 invece i dispersi, di cui un centinaio in mano ad Hamas, molti dei quali rapiti al rave dei giovani a Re’,im, vicino al confine con la Striscia, dove sono morti 260 ragazzi. Tra i palestinesi sono morte circa 700 persone dopo i bombardamenti a tappeto e l’invio di carri armati nella Striscia da parte di Israele. I feriti sono oltre 3.700.
Hamas ha minacciato di uccidere un ostaggio per ogni nuovo attacco aereo israeliano. Dei razzi lanciati dalla Striscia di Gaza verso Israele meno del 10% ha effettivamente raggiunto terra, mentre la maggior parte è stata distrutta in volo grazie allo scudo aereo Iron Dome, che protegge Israele dal 2006. L’esercito di Israele ha avvisato i palestinesi di lasciare Gaza per l’Egitto, attraverso il valico di Rafah che è ancora aperto, mentre sono state interrotte nella Striscia le forniture di elettricità, cibo e benzina.

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1. Perché è scoppiato adesso questo conflitto?

L’obiettivo dichiarato da Hamas è la liberazione dei luoghi santi islamici e l’indipendenza dei Territori palestinesi. Ma le ragioni sono più profonde secondo gli analisti politici, e sono da ricercare nel legame di Hamas con il principale nemico di Israele, l’Iran. Il cui scopo sarebbe interrompere le trattative in corso tra Israele e Arabia Saudita per un allargamento dei cosiddetti Accordi di Abramo del 2020 (vedi punto 8. Che cosa sono gli accordi di Abramo?) sponsorizzati dagli Stati Uniti, ma anche di bloccare le trattative di pace tra Israele e l’Autorità Nazionale Palestinese di Abu Mazen. Non è stato però finora provato un diretto coinvolgimento dell’Iran. Sicuramente è un momento delicato sia per Israele, sia per l’Anp: non solo la riforma della giustizia voluta dal premier Netanyahu ha agitato il Paese per mesi, ma anche l’Anp è nella sua fase più debole: avendo 88 anni ed essendo malato, si discute da tempo della successione di Abu Mazen, mentre Hamas guadagna consensi anche in Cisgiordania.

2. Che cos’è la Striscia di Gaza?

La «Striscia di Gaza» è una porzione di territorio (di circa 360 chilometri quadrati e densamente popolata, 4 mila persone per chilometro quadrato) tra Israele ed Egitto, occupata da Israele tra il 1967 durante la «guerra dei sei giorni» combattuta contro l’Egitto e il 2005. È un’area separata dal resto degli altri territori palestinesi storici, la Cisgiordania (o West Bank, in inglese, la parte occidentale rispetto al fiume Giordano). Dal ritiro di Israele voluto dall’allora primo ministro Ariel Sharon, il governo della Striscia fu affidato all’Autorità Nazionale Palestinese, che era sotto il controllo dei moderati di Fatah, ma questi persero le elezioni del 2007 e il governo passò ad Hamas, anche se Israele controlla lo spazio aereo, marittimo e i confini, con tutti gli scambi commerciali e gli ingessi di persone. Dal 2012 l’Onu riconosce formalmente la Striscia come parte dello Stato di Palestina, entità statale semi-autonoma.

3. Che cos’è Hamas?

Hamas è un’organizzazione politico-militare palestinese, che amministra la Striscia di Gaza dal 2007 ( e nello stesso anno il presidente palestinese Abu Mazen ha messo fuorilegge le milizie di Hamas), il cui nome è l’acronimo di Harakat al-Muqawwama al-Islamiyya, che significa «Movimento della resistenza islamica». Per l’Unione europea e gli Stati Uniti è considerata un’unità terroristica a tutti gli effetti, come i miliziani dell’Isis. Fondata nel 1987, da sempre invoca la distruzione di Israele, attaccandolo in varie occasioni, e l’istituzione di uno Stato Palestinese nei confini pre-1948. In passato finanziato da Siria e Arabia Saudita, oggi gode dell’appoggio dell’Iran e del Libano.

4. Qual è l’origine del conflitto arabo israeliano?

Dalle sue origini la Palestina è una terra sacra per gli ebrei, i cristiani e i musulmani. Storicamente è stata sotto il dominio romano, persiano, bizantino, arabo, europeo – durante le Crociate – e ottomano dal 1517 al 1918. Dopo il mandato britannico fino al 1947 e il fallimento del Piano di partizione della Palestina delle Nazioni Unite, che prevedeva la creazione di uno Stato arabo ed uno Stato ebraico indipendenti, nel 1948 nasce lo Stato di Israele, e, insieme, per la rottura degli equilibri, la «questione palestinese». I palestinesi, senza uno Stato proprio, si sono prima radunati in enormi campi profughi, poi in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, occupate prima da Egitto e Siria, poi da Israele dopo la guerra del 1967. Nel 1964 nasce l’Olp, l’Organizzazione per la liberazione della Palestina di Yasser Arafat, che mira a creare uno Stato arabo in Palestina, prima attraverso la lotta armata, poi con la diplomazia.

5. Oggi esiste uno Stato di Palestina?

La Palestina è uno Stato a «riconoscimento limitato». Il 15 novembre 1988 l’OLP proclamò lo «Stato della Palestina» con capitale Gerusalemme e senza specificare chiaramente i confini. Nel mese successivo, tale Stato fu rapidamente riconosciuto dagli stati della Lega Araba, tra cui Egitto e Giordania. Dopo gli Accordi di Oslo del 1993 firmati dal premier israeliano Rabin e da quello palestinese Arafat, l’OLP ha riconosciuto il diritto di Israele di esistere e Israele ha riconosciuto l’OLP come rappresentante del popolo palestinese. Dal 2012, solo nella qualità di «Stato osservatore» alle Nazioni Unite, lo Stato di Palestina è riconosciuto come soggetto di diritto internazionale ufficialmente da 138 Stati, tra cui l’Italia.

6. Che cosa c’entra Abu Mazen e l’autorità palestinese in Cisgiordania?

Nel 1994 l’OLP ha istituito come amministrazione territoriale l’Autorità nazionale palestinese (ANP) in parti della Cisgiordania e della striscia di Gaza. Dal 2007, Hamas ha ottenuto il controllo della striscia di Gaza, mentre Fatah di Abu Mazen, successore di Yasser Arafat, mantiene il potere in Cisgiordania ed è riconosciuto a livello internazionale come autorità palestinese ufficiale.

Abbiamo parlato con Jason Lee, direttore di Save the Children nei Territori occupati, e che al momento si trova a Gerusalemme

7. Quali sono i rapporti tra Iran e Israele?

Teheran considera Hamas un alleato con cui combattere la guerra contro Israele (e gli Stati Uniti, in seconda battuta), di cui i leader religiosi da anni auspicano la distruzione, e da anni fornisce all’organizzazione mezzi, armi e tecnologie per costruire razzi ed esplosivi. Non è stato sempre così: alla fondazione dello stato di Israele, e fino al 1979 i due Paesi erano solidali, perché entrambi subivano l’ostilità degli arabi. Dopo la Rivoluzione islamica invece, il fondamentalismo sciita e il khomeinismo hanno portato all’anti-sionismo e all’opposizione radicale allo Stato di Israele, i rapporti diplomatici e commerciali sono stati interrotti e via via sono peggiorati fino a oggi.

8. Che cosa sono gli accordi di Abramo?

Sono gli accordi che, orchestrati dagli Stati Uniti di Donald Trump, nel 2020, hanno aperto o riavviato canali diplomatici tra lo Stato ebraico di Benjamin Netanyahu e Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Marocco e Sudan, oltre a quelli già normalizzati con Egitto e Giordania. L’interesse di Riad è principalmente quello di isolare il nemico di sempre, ossia lo sciita Iran, ed espandere nella regione l’economia post-petrolifera del principe Bin Salman. Gli accordi prendono da Abramo, considerato un profeta sia dall’Ebraismo che dall’Islam.

9. Che fine hanno fatto gli accordi di Pace?

Durante la sua storia lo Stato di Israele ha concluso accordi di pace bilaterali con alcuni Stati Arabi, e ci è riuscito con Egitto (1979) e Giordania (1994). Negli anni ‘90 la pace con i palestinesi sembrava finalmente in vista. Israele e OLP firmavano 4 accordi: la Dichiarazione di Oslo nel settembre 1993, il Protocollo di Parigi, nell’aprile 1994, Gaza e Gerico nel maggio 1994 e Oslo II nel settembre 1995. Tuttavia dopo, l’espansione degli insediamenti israeliani accelerò di cinque volte rispetto alla normale crescita, e si capì presto che le concessioni territoriali ai palestinesi erano solo di facciata. Nel frattempo la destra israeliana prendeva corpo con Benjamin Netanyau, il più acerrimo nemico degli accordi di Oslo, e, dall’altra parte, Hamas e la Jihad islamica si scollegavano dall’Anp di Arafat ritenuto troppo «morbido». Con la seconda Intidafa, nel 2000, e l’attacco alle Torri Gemelli del 2001, la pace diventò sempre più un miraggio. Nel 2003 Usa, Eu, Russia e Onu avviarono il piano di pace «Road map», fallito subito dopo. Nonostante le continue dichiarazioni di Israele e Anp di proseguire l’impegno della Road Map verso la pace, sia al vertice di Sharm el-Sheikh del 2005 sia alla conferenza di Annapolis del 2007, nel 2008 si è definitivamente abbandonata ogni trattativa. Gli Accordi di Abramo nel 2020 sono considerati il primo tentativo dopo anni di pacificare la regione.

10. A chi fa gioco la guerra, politicamente?

«Hamas ha già ottenuto due risultati importanti», come ha spiegato Stefano Feltri. Il primo tattico: «ha dimostrato che l’imponente apparato di intelligence e tecnologia di Israele può essere bucato dalla spregiudicatezza del gruppo che dal 2007 comanda a Gaza. L’attacco, sotto una copertura di centinaia di razzi, è stato in puro stile terroristico, via terra, via mare, perfino da deltaplani, con famiglie sterminate, ostaggi brutalizzati e portati a Gaza». Il secondo strategico: sabotare gli accordi di Abramo in discussione tra Israele e Arabia saudita. Anche Netanyau guadagna dal conflitto: sotto inchiesta per corruzione e con il Paese in piazza da mesi contro la riforma della Giustizia, «potrà sfruttare la crisi per assecondare le pulsioni più anti-palestinesi degli alleati di estrema destra».

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