Giovani e giovanissimi
Su TikTok spopola l’hashtag #quittok: decine e decine di utenti pubblicano sul social i momenti che precedono la loro decisione di licenziarsi o video che li vedono licenziarsi in tronco in diretta, o ancora altri video in cui si confidano della pesante situazione del loro vecchio luogo di lavoro.
Tantissimi. E, soprattutto, giovanissimi.
È per questo che la tendenza del #Quittok colpisce molto: a decidere di lasciare di punto in bianco il lavoro e di renderlo uno spettacolo da social sono i Millennial e i ragazzi della GenZ.
Il procedimento è semplice: filmare e condividere su TikTok l’esatto momento in cui si decide di consegnare le proprie dimissioni, che siano cartacee, virtuali o anche via Zoom. Con l’aggiunta, naturalmente, dell’hashtag #Quittok.
Una tendenza involontaria
A lanciare, forse anche inconsapevolmente, questa moda era stata una giovane influencer australiana, Christina Zumbo. Lo scorso settembre la donna aveva infatti deciso di riprendere e di condividere su TikTok quello che sarebbe stato il primo di una lunga serie di contenuti postati sotto il vessillo del Quittok.
In sostanza, nel breve video si vedeva Zumbo premere sul tasto «invia» per spedire la propria mail di dimissioni. Un successo tanto immediato quanto inaspettato. Il pubblico di TikTok ha mostrato di apprezzare il gesto di Zumbo: oltre 53.000 «like» e quasi 3.000 commenti sono piovuti sul suo profilo.
E la donna è stata la prima a rimanerne sorpresa, come lei stessa ha dichiarato ai microfoni della BBC: «Non avevo idea che così tante persone avrebbero visto, raccontato e condiviso le proprie storie, o la loro paura di lasciare il loro attuale posto di lavoro, o il loro forte desiderio di fare quello che ho fatto io. È sempre sorprendente il senso di comunità che provi se ti apri a mostrare una vulnerabilità reale e riconoscibile online». Un altro esempio è dato dalla statunitense Marisa Jo Mayes: sempre la stessa trafila e sempre numeri da capogiro. Oltre 200 mila like e un video che entra tra i contenuti con più visualizzazioni di TikTok. Mayes – prima di licenziarsi – era una creatrice di contenuti TikTok che usava la piattaforma «come sfogo divertente e creativo» per «combattere» la propria infelicità relativa al lavoro.
Le ragioni
Già, perché sembra proprio esserci l’infelicità lavorativa dietro all’esplosione di questa nuova tendenza. Sempre più giovani starebbero dimostrando la propria insoddisfazione verso il loro impiego grazie al gesto reso social.
La tendenza #quittok ha tutto il potenziale per trasformare in modo definitivo la visione che le aziende hanno dei dipendenti: oggi sembra che vedano le persone come tutte sostituibili in un approccio che suona tipo tu non lo vuoi fare? Ce ne sono altri mille disposti.
Abbiamo imparato a pretendere una giusta retribuzione, turni, ferie, assicurazione e contratto regolare perché il lavoro è un diritto, prima che un dovere, ma anche la salute mentale e la legalità lo sono.
C’è un “ma”. Le implicazioni a lungo termine dell’abbandono in diretta del posto di lavoro vanno problematizzate.
C’è stato un tempo in cui postare un video in cui si parla della decisione di lasciare il lavoro poteva sembrare poco saggio, o almeno di cattivo gusto.
C’era l’abitudine a stringere i denti, a essere grate – soprattutto le donne – per un posto di lavoro qualsiasi, per quanto squalificante, per quanto sacrificante, per quanto annientante.
Alcuni annunci di lavoro e da qualche anno vengono condivisi, riportavano richieste come “occorre abnegazione” e nessuno fiatava.
E ovviamente l’insegnamento era di non denigrare gli ex datori di lavoro online ma nemmeno offline né di dire cosa, realmente, non andasse al lavoro precedente in fase di colloquio per un lavoro nuovo.
Ma dopo anni di pandemia, proteste nel nome della giustizia razziale, sociale, salariale e di genere e la consapevolezza collettiva che ha seguito questi eventi sembra che i lavoratori e le lavoratrici intendano davvero rifiutare consuetudini stantie e prive di equilibrio, dove lo squilibrio pende in favore dell’azienda.
La curva domanda-offerta del mercato del lavoro potrebbe finalmente tornare a ruotare attorno ad un asse di giustizia, non necessariamente in favore dei dipendenti.
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